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SIPRe - Scuola di Specializzazione in Psicoterapia a Indirizzo Psicoanalisi della Relazione

Orientamento teorico-scientifico e clinico
La Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione si colloca nella tradizione scientifica della psicoanalisi, seguendo, in modo specifico, il modello "Psicoanalisi della Relazione".
 
Coordinate teoriche
Con le sue coordinate teoriche, il Modello Psicoanalisi della Relazione oltrepassa il Modello pulsionale, dà una visione diversa della teoria interpersonale, supera le relazioni oggettuali e va oltre la psicologia del Sé. La ricca tradizione psicoanalitica da Freud a Ferenczi, Sullivan, Levenson, Mitchell, ecc. viene “trasformata” alla luce dei presupposti epistemici attuali. Ne deriva un punto di vista nuovo e originale.
La partecipazione dell’osservatore. Si sente spesso dire che “tutti siamo relazionali”, ma non sempre viene chiaramente esplicitato il significato di questa affermazione. Assumere il contributo soggettivo dell’osservatore al campo di osservazione ha significato aprirsi a una nuova visione della psicoanalisi: il rapporto paziente/analista non viene più pensato “a senso unico” né, quindi, in una prospettiva oggettivante del paziente. Ogni “relazione” è, a tutti gli effetti, un’interazione.
L’osservatore è presente con tutta la sua soggettività. La faticosa messa in discussione della visione classica dell’analista neutrale, il gran dibattere sulla sua presenza cosciente o inconscia, l’approfondimento del suo intervento intenzionale o spontaneo, mostrano quanto sia difficile recepire questa prospettiva. Eppure, vista l’incidenza dell’osservatore sull’osservazione, sembra inevitabile prendere atto della presenza nell’interazione paziente/analista della soggettività dell’analista in tutta la sua globalità. Paziente e analista interagiscono entrambi in base a ciò che ciascuno soggettivamente è. Entrambi portano nell’interazione la loro soggettività.
La relazione analitica è interazione di soggettività. Mentre siamo allenati a leggere il paziente nella sua realtà psichica, somatica, affettiva e anche relazionale attraverso il transfert, meno facile è fare altrettanto per l’analista. Eppure, a meno di pensare che fare l’analista sia solo rappresentare un ruolo, sembra ovvio costatare che ogni analista si pone nella relazione in funzione di ciò che di fatto è: dallo scegliere che cosa dire e quando, dal tono della voce ai silenzi, tutto nel rapporto con il suo interlocutore rivela la globalità della sua soggettività. L’interazione clinica è multiverso.
Per un’analisi reciproca. Viene in genere dato per scontato che l’analista sia il detentore dei significati; un po’ meno, che lo sia anche il paziente. Quando due o più esseri umani entrano in interazione tra loro, non è pensabile che solo uno possieda la “verità” e, soprattutto, la “verità” sull’altro. Tutti possono interpretare l’interazione quale veicolo della soggettività di tutti. Tutti i partecipanti possono cogliere che cosa sta succedendo nell’interazione. Fare l’esperienza di un’interazione che riconosce come stanno le cose è terapeutico.
Un’interazione nuova. Nell’interazione di due o più soggettività che mirano a cogliere ciò che emerge tra di loro, è facile vedere qualcosa di nuovo e unico. Abitualmente chi ha il potere lo esercita, magari per il bene dell’altro. Ma l’essere umano, come ogni sistema complesso, si auto-eco organizza: ciò significa che si pone in funzione di una sua coerenza, che è simultaneamente anche coerenza con l’ambiente con cui interagisce. L’intervento analitico è terapeutico se consente l’esplicitazione di questo livello dell’interazione. L’esperienza di un’interazione onesta e chiara mette in rapporto con se stessi e con l’altro.
La meta-interazione. Il focus dell’intervento non è più il passato, ma quanto accade nell’hic et nunc dell’interazione analitica. È nel presente della seduta che l’interazione diventa meta-interazione. Solo l’Io-soggetto, per la sua capacità riflessiva, è capace di meta-interazione. La meta-interazione non è tuttavia né verbale né cognitiva; non passa, cioè, per l’auto-riflessività intesa come sapere su sé e/o sull’altro (oggetti della conoscenza). La meta-interazione è contatto, appropriazione dello stato presente: solo allora il soggetto può guardare al futuro. La meta-interazione è presenza a se stessi.
In concreto: (1) le configurazioni dell’Io-soggetto sono costruite in base a esperienze interattive: ciò vale per lo sviluppo “normale” come per lo sviluppo “patologico”; (2) tali configurazioni, essendo sistemi dotati di plasticità, tendono a modificarsi poiché la vita è movimento; (3) nella patologia esiste una “direzione” che l’Io-soggetto ha dato alla sua vita, pur rimanendo “aperto” a nuove esperienze interattive; (4) l’interazione analitica duale o sovraduale è l’ambito di osservazione. Il paziente o i pazienti possono cogliere l’analista e l’analista può cogliere loro; (5) l’interazione paziente-analista provoca e sostiene il processo terapeutico.
Il cambiamento non è l’obiettivo dell’intervento. Solo il soggetto può “sapere” che cosa è possibile per lui. Importante è la presenza a se stessi, sia dell’analista sia di ogni partecipante al processo.

Coordinate clinico-tecniche
La patologia. Nel Modello Psicoanalisi della Relazione, “la psicopatologia nelle sue infinite variazioni riflette il nostro legame inconscio nei confronti della stasi, dell’inserimento e della fedeltà verso ciò che ci è familiare” (Mitchell, 1988; Weiss, 1986). La patologia è l’espressione della rigidità strutturale che porta alla paura di sperimentare l’inevitabile riproporsi del fallimento.
La relazione come oggetto di osservazione. Oggetto di osservazione non può che essere la relazione paziente-analista.
“Non possiamo limitare l’osservabile alla parola perché restrittivo, non possiamo estenderlo al comportamento perché troppo generale, né possiamo indicare l’io (soggetto) come oggetto di osservazione perché, in quanto concetto, è un’astrazione. L’unico oggetto d’osservazione pertinente è la relazione all’interno di un campo strutturato” (Minolli, 1993).
Il conflitto. Il conflitto viene situato tra relazioni storiche e relazioni possibili: la rigida strutturazione di modalità relazionali storiche si connota di rigidità e determinismo e questo nonostante la sofferenza e l’angoscia legate alla loro ripetizione. Il conflitto si colloca tra la rigida ripetizione delle modalità storiche e un nuovo spazio possibile di modalità diverse, più egosintoniche e “autentiche”.
Il transfert. Superando il ruolo dell’analista anonimo e osservatore neutrale che funziona da schermo opaco (De Robertis e Tricoli, 1993), è teorizzata un’inevitabile e complessa co-partecipazione sia dell’analista sia dei pazienti nel qui e ora della relazione analitica.
Il controtransfert. Da una concezione di controtransfert come ostacolo al trattamento, e quindi variabile da controllare, il controtransfert viene pensato come “transfert dell’analista” (Hoffmann, 1983; Minolli, 1993). Analista e paziente co-determinano cioè in modi diversi la relazione e così ogni momento del processo viene generato dall’apporto diversificato di ciascuno dei partecipanti, collocati allo stesso livello relazionale.
L’interpretazione. L’interpretazione conserva un ruolo privilegiato, modellandosi su due assunti: (1) Tutto il comportamento dell’analista, e quindi non solo la parola, è interpretazione. “Quando parliamo con qualcuno agiamo con lui. Questa azione o comportamento è, nell’accezione semeiotica, codificato come linguaggio. Il linguaggio del discorso e il linguaggio dell’azione sono “variazioni armoniche sullo stesso tema” (Levenson, 1983). (2) L’oggetto dell’interpretazione è la relazione. “Il lavoro dell’interpretazione non è quello di scambiare l’illusione per realtà, ma di stabilire un confine tra l’esperienza del paziente e quella dell’analista e contemporaneamente di costruire un ponte tra di esse” (Schartz, 1978).

L'obiettivo del metodo d'intervento
L’obiettivo del metodo è la facilitazione della ripresa del processo evolutivo, ovvero della possibilità di apprendimento di sé. L’aumento della capacità di tener conto del proprio mondo interno ed esterno, della presenza a se stessi, fornisce elementi nuovi e utili per riorientare la propria traiettoria di vita.
OrientamentoPsicoanalisi relazionale
DirettoreRomina Coin
Anno di riconoscimento MIUR2001 (cod. 100)
Affiliazione a Società ScientificheIFPS (International Federation of Psychoanalytic Societies;) - OPIFER (Organizzazione Psicoanalisti Italiani - Federazione e Registro)
IndirizzoVia Carlo Botta, 25 - 20135 Milano
Telefono02.5454442
Fax02.5454442
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