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13/02/2017
Aiuto, sto crescendo! I disordini alimentari e la solitudine dei “post-bambini”
immagine articolo Aiuto, sto crescendo! I disordini alimentari e la solitudine dei “post-bambini” Aiuto, sto crescendo! “E sto crescendo da solo…”, si potrebbe aggiungere al titolo del testo presentato alla Casa della Psicologia il 7 Febbraio 2017, all’interno della rassegna “gli strumenti della psicologia per la prevenzione, la riabilitazione e il sociale”.

Il giornalista Carlo Verdelli nota, dal suo osservatorio di cronista della vita quotidiana, che comprende la fabbrica, i luoghi della contrattazione sindacale, la politica, ma anche – come padre e cittadino – i luoghi in cui crescono le nuove generazioni, che se si può pensare ad una “cifra” della contemporaneità, questa potrebbe essere la solitudine.

I bambini crescono da soli, in un mondo sempre più indaffarato, crescono a loro volta indaffarati, come piccoli manager, fra corsi di inglese e di Karate, fra corsi di musica e di teatro. Una solitudine che è spesso appesantita da un rumore di fondo, un’attività frenetica quanto privata da una vera disponibilità relazionale. Una solitudine che è l’effetto, il riscontro potremmo dire, dello smarrimento proprio del mondo adulto, una solitudine affollata di gadget ma anche di presenze, che tuttavia sono smarrite e non in grado di offrire modelli, di indicare un futuro. I “post bambini”, e in generale gli adolescenti nati a cavallo del nuovo millennio, sanno che la loro vita si sviluppa per lo più in orizzontale, è una vita di oggetti, di apparenti sicurezze, che cela un’assenza radicale di futuro, di quel futuro verticale, che è ancora presente, fantasmaticamente, come ideale, per le generazioni precedenti, ma che non è più disponibile per loro. “I bambini sanno che crescono, studiano, vanno all’università, ma dopo l’adolescenza, qualcosa sembra non più pensabile. Respirano questa precarietà, questa nebbia, la sentono attorno a loro”.

Certo non è un sapere conscio, non è un pensiero, è piuttosto un’atmosfera, un “bagno” , nel quale sono immersi bambini, adolescenti e adulti, tutti  condannati a rassomigliare a questo “adolescente eterno” che sembra aver catturato l’immaginario collettivo.

Da dentro questo “bagno”, di incertezza, solitudine e precarietà esistenziale, la curatrice di “Aiuto sto crescendo” Pamela Pace e gli autori Aurora Matroleo, Marta Bottiani, Graziano Senzolo, Laura dalla Ragione e molti altri, ci permettono di esplorare i mutamenti antropologici che queste nuove coordinate dell’Altro sociale comportano, nei corpi stessi, nelle biologie, dei soggetti preadolescenti.

Quello che accade, nelle patologie e nei disturbi dell’alimentazione della pubertà, è che il corpo, il soggetto e l’Altro, si disarticolano, faticano a trovare un accordo, una sintonia, un impasto.

L’adolescenza sembra diventata l’unica certezza, l’unico momento del ciclo di vita che la società post-capitalistica, liquida e globalizzata, è in grado di proporre, come modello, come momento evolutivo, di crisi, di passaggio, che diviene statico, impossibile, incompiuto.

Così, ad una pubertà sempre più precoce, anche sul piano strettamente biologico (il menarca compare in età sempre più infantili, 8 anni e mezzo, 9 anni); ad una sessualità che viene esplorata fra coetanei sempre più precocemente; fa riscontro una immaturità sociale, una dipendenza dall’Altro familiare, che si estende ormai ben oltre i limiti dell’adolescenza, per varcare le soglie dell’età adulta. La dipendenza da un Altro familiare che vive il bambino come parte del proprio corpo, in una dimensione narcisistica, e che spesso fatica a favorire processi di separazione, producono fenomeni di profondo conflitto inconscio, fra spinte evolutive e regressive.

Giunti sulla soglia della società civile, spinti dalle trasformazioni corporee a fare i conti con lo specchio e con il mutamento radicale dello sguardo dell’Altro, spesso questi post-bambini, non ancora adolescenti e non  in grado di acquisire un’identità sessuale, incapaci di dare una risposta soggettiva alla tempesta ormonale che li travolge, finiscono per ricorrere al disturbo alimentare, come modalità estrema, extrema ratio, per arrestare lo sviluppo in corso, fermare l’orologio, pietrificarsi sulla soglia.

La psicoanalisi ci insegna che non esiste una causalità lineare, e che ciò che si riattualizza nella pubertà, ha a che vedere con i fallimenti, con le fatiche del processo di soggettivazione che si svolge nella primissima infanzia.

E’ la risposta soggettiva, unica, di questi soggetti bambini alle mutazioni del corpo, e al suo essere immerso nella dimensione relazionale, che permette di decodificare il messaggio, di decriptare l’appello di questi soggetti, sulla soglia dell’adolescenza.

Sono spesso i genitori a dare l’allarme, peraltro, a portare la loro sofferenza, la loro impotenza, il loro allarme, il loro stupore. Si lamentano di quello che accade nel cuore della quotidianità, a tavola, nel bagno. Assistono impotenti e sconcertati ai rituali di eliminazione del cibo, alle torture inflitte al corpo. Sono loro a dar voce ad una sofferenza difficile da descrivere, che si manifesta nel corpo del loro figlio o figlia, e che non riesce a trovare parola.

Il testo esplora le varie declinazioni di questa disarticolazione, di questo scollamento, fra corpo, soggetto e Altro, illustrando come l’équipe interdisciplinare di Pollicino sia riuscita, nel corso degli anni, a rispondere a questa complessità offrendo un ascolto corale, in grado di far suonare tutti gli strumenti e tutte le discipline, per permettere al sintomo singolare del soggetto, di trovare il suo posto e di costruire la sua propria soluzione.

Endocrinologi, pediatri, ginecologi, nutrizionisti, psicologi, educatori, servizi ambulatoriali e ospedalieri, ogni strumento è messo a disposizione, piegato, messo al servizio di un reciproco ascolto, rispettoso e profondo che mette al centro la parola dei pazienti e dei familiari, il loro sapere.

L’intervento multidisciplinare testimoniato da “Pollicino” non ci offre un sapere “pret à porter”, ma un modo originale di pensare ciascuna amenorrea, ciascuna obesità, e di ripensare le sindromi e i quadri patologici nella loro possibile articolazione soggettiva. Così, se è vero che esiste, anche in medicina, una assodata concatenazione causale fra calo ponderale importante e scomparsa del ciclo mestruale, così come possiamo dire in linea di massima che può esserci una correlazione, fra abuso sessuale e obesità infantile, non esistono ricette, e tanto meno facili reversibilità. A volte, il ciclo permane molto a lungo, nonostante importanti cali ponderali, mentre altre volte, tarda a ricomparire, anche dopo anni di recupero di un’alimentazione corretta. Lo scollamento, il gap, fra corpo, risposta soggettiva e risintonizzazione con l’Altro, ci mostrano, caso per caso, le zone intermedie, i nodi, le aree grigie in cui si situa spesso il trauma, l’impossibile a dirsi, il “non saputo”, che è quel sapere custodito nel corpo e nei suoi misteriosi equilibri endocrinologici e biochimici. Ed è solo prendendo per buone, ascoltando queste aree grigie, accogliendole, senza volerle rimuovere e sopprimere, che è possibile predisporre, preparare per il soggetto, quel terreno, quello sfondo, entro cui egli stesso saprà ritrovare la sua strategia di risposta. Il passaggio può essere quello di un ricordo recuperato, di una paura affrontata, di una rivendicazione antica, ma non ancora mentalizzata, e per ottenere questi risultati, si diventa in grado di aspettare, di sospendere una risposta farmacologica, di accogliere una paura o una resistenza. Pamela Pace e Aurora Mastroleo hanno mostrato come ogni intervento, ogni risposta, anche sul piano concreto (ospedalizzazioni e interventi medici, spesso comunque indispensabili e ineludibili), non possa prescindere da un’attenta valutazione e ascolto di quello che il soggetto intende farsene. Accogliere, quindi, la domanda di cura, l’ansia del genitore, passando attraverso l’inclusione del corpo sofferente del fanciullo “sulla soglia” dell’età puberale, valorizzare il sapere di tutti dentro l’équipe multidisciplinare degli specialisti, costituisce la strategia, ma più ancora la prospettiva etica, dello staff di Pollicino Onlus. Un sapere mai saturo, che si costruisce e si decostruisce ogni volta che una nuova famiglia suona il campanello, dal momento che quella richiesta di aiuto contiene in sé la risorsa, preziosa, di un discorso che può essere riaperto.
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