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13/11/2015
Le parole e i corpi, presi nella rete
immagine articolo Le parole e i corpi, presi nella rete Resoconto delle serate di presentazione dei libri presso la Casa della Psicologia, 27 Ottobre, 4 Novembre, 10 Novembre
 
Proseguono gli appuntamenti alla Casa della Psicologia, per la presentazione ai Colleghi e alla cittadinanza dei testi di interesse psicologico, utili per una riflessione sui temi della modernità e sulle nuove prospettive, le nuove frontiere con cui la psicologia e la psicoterapia si misurano oggi.
 
Gli appuntamenti autunnali sono stati particolarmente numerosi e impegnativi.
Il 27 Ottobre abbiamo affrontato, con Alessandra Micalizzi, Claudia Rivaldi, Enrico Cazzaniga e il prof Di Fraja il tema del lutto, dentro e fuori dalla rete. Frutto di un’esperienza sul campo, il libro racconta di come questi professionisti, sociologi, psicoterapeuti, psicologi, si sono mesi sulle tracce dei luoghi della rete dove si cercava una risposta, o un lenimento, al tremendo dolore, al “buco” nella rete dei significanti, che si crea quando si perde una persona cara. Più ancora quando questa perdita è improvvisa, o quando nulla, nell’immaginario personale e sociale, la annuncia, come nel caso dei lutti perinatali o degli aborti spontanei tardivi.
Claudia Rivaldi, psicologa e fondatrice dell’associazione “Ciao Lapo” ha raccontato di come dalla sua dolorosa esperienza personale di un lutto perinatale, sia nata la sua ferma necessità di ricercare un senso, di dare un senso e ritrovare una direzione, dopo questo strappo. Non c’era nulla, in Italia, all’epoca (pochi anni fa, nel 2006…) e poco anche all’estero. Esistevano però blog e siti dove le persone colpite da questi lutti, cercavano di condividere un racconto, parole impossibili da dire. Lo stesso, Alessandra Micalizzi racconta di un lutto improvviso, non vicinissimo a lei, ma comunque significativo, anche per la sua condizione di “giovane emigrata”. Il senso vacilla, i luoghi, le persone, come restituire loro un posto, un investimento, dopo questo pugno nello stomaco che l’aveva trascinata “in un altro mondo?”. Sì, perché l’esperienza del lutto improvviso, ci dice l’autrice del testo, a partire anche dalle tante testimonianze ascoltate e vissute nell’ascolto, è come catapultarsi in un altro mondo, un mondo che non è quello del quieto scorrere della vita, dove noi ci illudiamo di avere il controllo. La morte ci restituisce la durezza del nostro essere puro accidente, nel mondo, e il bisogno è quello quindi di isolarsi, dato che questa consapevolezza improvvisa è quasi impossibile da condividere.

La rete stessa, il web, si presta tuttavia ad un primo scambio, perché anch’essa è un poco “un altro mondo”. Il prof. Di Fraja ci dice che la sociologia, e i mass media, sempre banalizzano e falsano, anche se la superficie ci rivela ciò ce è più profondo. Della rete, si dice che è un insieme di “dati”, mentre sappiamo che la rete è soprattutto un luogo di emozioni. La nostra cultura concertistica non vede ciò che è sotto i suoi occhi, molto spesso.

Dunque, le pioniere dell’elaborazione del lutto dentro e fuori la rete, scoprono sul campo che alla rete è affidato il corpo sofferente, il grido, che potrà trasformarsi, grazie si gruppi di auto aiuto, in un luogo di elaborazione, in un preliminare di cura.

“Anche dopo il terremoto dell’Aquila, ebbi il privilegio di seguire gli scambi nel web dei sopravvissuti, e rimasi colpita dal fatto che persone anche molto colte, scrivevano con un linguaggio smozzicato, ferito”. Il linguaggio scritto, la scrittura immediata, la scrittura quasi parlata e de-localizzata della Rete, permette di cogliere la profonda mutazione antropologica che questi strumenti hanno prodotto, e non mancheranno ancora di produrre, e, con le criticità, ci lascia tuttavia intravvedere la ricchezza e le possibilità evolutive che queste nuove frontiere permettono, da sole o in associazione con i metodi più consolidati, come i gruppi AMA, di cui ci ha parlato il dott. Enrico Cazzaniga.

Scrivere ad un blog, ad un gruppo delimitato, può essere un primo passo, laddove anche uscire di casa può essere difficile. A volte, invece, queste scritture selvagge e solitarie possono anche irrigidire i vissuti, tradursi in modalità stereotipate di ripetere il proprio grido.

Preziosissime testimonianze, di pionieri che non arretrano, e che testimoniano del loro percorso e della loro pratica, tenendola ben in connessione con la loro personale formazione e la loro esperienza di vita.


Il 4 Novembre è stata la volta di un testo per addetti ai lavori, la psicoterapia della Gestalt nel campo delle addiction. I dottori Giancarlo Pintus e Maria Vittoria Crolle hanno parlato della loro ventennale esperienza nei SerT, e hanno illustrato come la pratica Gestalt metta al centro il corpo, e non il sintomo. Del corpo, e del suo rapporto con il dolore e con il senso, si è parlato anche nel webinar di Riccardo Scognamiglio, che ha portato l’esperienza del suo Centro di Psicosomatica integrata, nel sostegno e nella cura delle patologie sistemiche (addiction, ma anche SLA, morbo di Krohn, sclerosi multipla, sindromi allergiche e autoimmuni). Il corpo, il linguaggio, la rete, sono qui in gioco rispetto all’attribuzione di senso e rispetto alla possibilità di rianimare i circuiti, anche neuronali, attraverso pratiche a mediazione corporea.


Il 10 Novembre, infine, una profonda e intensa riflessione etica, epistemologica e storica sulla psicoanalisi, nel suo rapporto con le altre discipline e con le “professioni impossibili” di freudiana memoria, cioè le professioni dove è in gioco il soggetto: insegnare, psicoanalizzare, governare. I molti co-autori del testo “psicoanalisi, ideologia ed epistemologia”, riportano una tesi di fondo, attraverso cui essi, tutti psicoanalisti della SPI, tentano di restituire la psicoanalisi al dibattito scientifico, dentro il recinto della scienza. Filosofi, psicologi, analisti didatti, tentano di mettere a nudo gli annodamenti fra ideologia ed epistemologia, anche attraverso “casi clinici” tratti dalla vita di grandi analisti “eretici” e “scomunicati” del passato: Fromm, Miller, Ferenczi.
Si può dire che la psicoanalisi è la scienza del controtransfert? Delle emozioni e del loro trattamento dentro le istituzioni, e non solo nel mondo interno delle persone, attraverso la cura? Alcuni degli autori del libro sembrano propendere per questa tesi, individuando nella violenza oggi dilagante il segno del fallimento della analisi e del’elaborazione dell’odio, appunto la più “reale” delle emozioni in gioco. Altri, come il discussant Graziano Senzolo, hanno portato la posizione lacaniana, di una psicoanalisi che non è scienza della natura, ma pratica della soggettività, che nasce proprio da ciò che la scienza lascia sul terreno, dopo la svolta del ‘900.

Il dibattito continua, dunque, fra filosofia e psicologia, fra sociologia e pedagogia, fra pratiche e nuove ipotesi da mettere al vaglio, nella babele degli incontri e delle esperienze possibili. Prossimo incontro, appunto, sarà sulle famiglie migranti e sulla loro accoglienza, sull’accompagnamento di questi nuovi soggetti complessi, ad entrare e a sintonizzarsi con il nuovo mondo, le nuove terre, i nuovi linguaggi. Evita Casson, medico e psicoterapeuta, di formazione sistemica, presenterà i risultati della ricerca effettuata dall’associazione Terrenuove nel campo del sostegno alle famiglie migranti. Discussant sarà Patrizia Conti, psicoanalista junghiana di grande esperienza, esperta nel campo delle adozioni internazionali.

Vi aspettiamo martedì 24 Novembre, sempre alla Casa della Psicologia, alle 21.00.
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