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Torna all'elencoSETTIMANA DELLA PSICOLOGIA - SI PUO’ ANCORA PARLARE DI PACE?

Orari: 21:00 - 23:00
Luogo evento: Casa della Psicologia - piazza Castello 2, Milano
Negli anni ’30 del secolo scorso due grandi pensatori dell’epoca, Albert Einstein e Sigmund Freud, si chiedevano “Perché la guerra?”, in uno scambio epistolare, nato da uno stimolo della Società delle Nazioni (oggi ONU) a pensare intorno a un grande tema dell’epoca. Il contesto è noto: nazionalismi, militarismo crescente, guerra alle porte. Nel carteggio si trovano spiegazioni psicologiche, ma anche soluzioni concrete, politiche, sociali e culturali. Alcune delle soluzioni delineate sono state poi messe in campo: organi di giustizia internazionali, istituzioni sovranazionali con autorità legislativa, realtà che favoriscano educazione, cultura, legami relazionali e socioculturali.
A quasi un secolo da quello scambio, la domanda posta da Einstein a Freud “C’è un modo per liberare l’uomo dalla fatalità della guerra?”, è valida e urgente. Ci si potrebbe quindi chiedere al contrario oggi “Perché la pace?”. In un’epoca in cui il diritto internazionale viene sistematicamente ignorato, talvolta perfino deriso, e in cui il doppio standard domina il discorso pubblico e politico, parlare di pace rischia di sembrare un atto provocatorio, se non sospetto. Eppure, proprio in tempi come questi, è fondamentale tornare a porre domande essenziali: che ne è dell’idea che principi come la giustizia, la libertà, la dignità umana possano valere per tutti, ovunque? Che impatto ha sulla psiche questa realtà di “terza guerra mondiale a pezzi” (come l’ha definita Papa Francesco già nel 2014)? Come la messa in discussione di principi, e degli organismi deputati a difenderli, incide sulla visione del mondo, e su come i soggetti prendono parte alla realtà che vivono? Sorge, ancora, un’esigenza critica, che risponde a un’esigenza psichica: restituire alla parola "pace" il suo spessore etico, politico e psicologico. Non per negare l’esistenza dei conflitti, né per rifugiarsi in visioni consolatorie, ma per difendere l’idea che anche in una situazione di violenza diffusa, è possibile e necessario rivendicare un orizzonte comune di diritti e relazioni giuste, per recuperare una visione complessiva che vada verso a vita e non verso la morte. Freud distingueva tra conflitto e guerra: il primo come parte inevitabile della vita psichica e sociale, la seconda come fallimento della parola, e del riconoscimento dell’altro, come passaggio all’atto distruttivo e sterminio del “diverso”.
Oggi, il compito urgente è, ancora, quello di creare spazi – politici, educativi, clinici – in cui i conflitti possano essere compresi e attraversati, piuttosto che rimossi o agiti con violenza. È necessario riuscire ad affiancare al lavoro psicologico rivolto all’individuo, una lettura dei contesti nella loro organicità, perché la disciplina psicologica possa cogliere le ferite storiche e le ingiustizie strutturali, per promuovere pratiche di giustizia, gettare luce sulle disuguaglianze e i loro effetti, e favorire spazi di relazionalità e incontro autentici. Parlare di pace, allora, diventa un atto radicale di responsabilità verso il presente e il futuro.
Relatori:
Damiano Rizzi, psicologo psicoterapeuta
Francesca Daidone, psicologa e psicoanalista
Andrea Dessi’, professore American University of Rome, Dipartimento “International Relations and Global Politics”
Moderano:
Valentina Stirone, psicologa psicoterapeuta, Comitato Scientifico Casa della Psicologia
Gabriele Tapella, psicologo psicoterapeuta, Comitato Scientifico Casa della Psicologia
Danilo Corona, psicologo psicoterapeuta, Consigliere OPL Resp. progetto Casa della Psicologia
Evento gratuito e aperto a tutti.
L'iscrizione è obbligatoria.
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