VEDOVAMAZZEI
per la psicologia dei diritti umani dell'OPL
Simeone Crispino, 1962, Afragola, vive a Milano.
Stella Scala, 1964, Napoli, vive a Milano.
Vedovamazzei è il nome trovato da Crispino e Scala su una targhetta caduta a terra a Napoli nel 1990. Essi videro questo evento come un segno del destino per cui decisero di adottare quel nome formando un gruppo artistico variegato che l’anno successivo divenne una coppia artistica. Con questo nome arrivarono a Milano, luogo in cui si tennero le prime personali presso lo spazio no profit Facsimile prima e lo Studio Guenzani poi, continuando con un crescendo di riscontri, sia in Italia che all’estero, con mostre, residenze, presenza in collezione di significative istituzioni pubbliche e private che vanno dal MAXXI allo SMAK di Gent, alla Kwanjiu Biennale, alla Danish National Gallery, all’I.C.A di New York, fino al Palazzo del Quirinale di Roma. Si tratta di una coppia artistica prolificamente molto creativa, in cui l’utilizzo di tutti gli strumenti possibili e immaginabili li rende apparentemente stilisticamente poco riconoscibili. Tutto questo è confortato dal fatto che il pensiero sottostante a ciascun lavoro è sempre permanente: ci parlano di identità, ironia, critica dell’esistente. Ciò fa sì che, alla lunga, questo lavorare sul contenuto più che sulla forma, finisce per essere la qualità determinante e gratificante della loro opera.
Stella Scala, 1964, Napoli, vive a Milano.
Vedovamazzei è il nome trovato da Crispino e Scala su una targhetta caduta a terra a Napoli nel 1990. Essi videro questo evento come un segno del destino per cui decisero di adottare quel nome formando un gruppo artistico variegato che l’anno successivo divenne una coppia artistica. Con questo nome arrivarono a Milano, luogo in cui si tennero le prime personali presso lo spazio no profit Facsimile prima e lo Studio Guenzani poi, continuando con un crescendo di riscontri, sia in Italia che all’estero, con mostre, residenze, presenza in collezione di significative istituzioni pubbliche e private che vanno dal MAXXI allo SMAK di Gent, alla Kwanjiu Biennale, alla Danish National Gallery, all’I.C.A di New York, fino al Palazzo del Quirinale di Roma. Si tratta di una coppia artistica prolificamente molto creativa, in cui l’utilizzo di tutti gli strumenti possibili e immaginabili li rende apparentemente stilisticamente poco riconoscibili. Tutto questo è confortato dal fatto che il pensiero sottostante a ciascun lavoro è sempre permanente: ci parlano di identità, ironia, critica dell’esistente. Ciò fa sì che, alla lunga, questo lavorare sul contenuto più che sulla forma, finisce per essere la qualità determinante e gratificante della loro opera.
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