MARC QUINN
per la psicologia dei diritti umani dell'OPL
Londra, 1964
Il corpo nelle sue condizioni umane è da sempre il focus dell’arte di Marc Quinn, artista inglese affermatosi sulla scena internazionale a partire dagli anni novanta, rivelandosi subito come uno degli esponenti più noti e interessanti della Young British Art. L’opera che in quegli anni lo porta all’attenzione è Self del 1991, un autoritratto a tutto tondo della sua testa fatta con 4,5 litri del suo sangue prelevato nel corso di 5 anni e congelato, una testa ematica, naturalmente conservata sottozero. Questa opera spiega molto bene l’interesse per il corpo, la sua mutabilità, in relazione ai progressi della scienza, e come questa possa contribuire allo sviluppo della natura umana. Essendo uno scultore molto consapevole della tradizione, non poteva esimersi dal confrontarsi con la statua e il suo materiale storico, il marmo. Così nel 2000, per la sua prima personale in Italia presso la Fondazione Prada a Milano, presenta, tra l’altro, Group portrait, otto sculture in marmo bianco realizzate a Carrara fra il 1999 e il 2000. È una galleria di ritratti a grandezza naturale di persone prive di alcune parti del corpo che rispondono ai nomi di Peter Hull, Selma Mustajbasic, Jamie Gillespie, Alexandra Westmoquette, Tom Yendel, Catherine Long, Stuart Penn, Hele Smith. Opere che si sono poi viste in musei e fondazioni, dal Wictoria & Albert Museum, Londra, alla Fondazione Cini di Venezia, per non citarne che alcune. Si tratta di una riflessione sull’idea della bellezza classica, quella perfezione che ci è spesso arrivata tramite statue con parti del corpo mutilate dal tempo, mentre qui si scopriamo che lo stile della scultura classica viene impiegato per ritrarre persone che hanno subito mutilazioni o nate con parti del corpo mancanti. In tal modo l’artista crea opere che servono soprattutto a interrogarsi e interrogarci sul concetto di bellezza e umanità. È una tematica che da allora in avanti l’artista non ha mai abbandonato, perché continua ad interrogarsi ancora oggi sul tentativo di creare una coscienza nello spettatore. Così, quando viene chiamato nel 2005 a installare un’opera pubblica nel Fourth plint a Trafalgar square di Londra, decide di partecipare con la grande scultura Alison Lapper pregnant, 2005-2007. Alison Lapper è anch’essa un’artista nata con gambe e braccia accartocciate. Il suo ritratto in formato gigante provocò forti shock nel pubblico e un dibattito acceso sull’opportunità di mostrarla, tant’è che nella rivista Disability Studies Quarterly Ann Millet scrisse: “L’opera è stata fortemente criticata per l’enfasi sullo shock che deriva dal mostre la disabilità, ma anche lodata per il suo valore sociale progressista. Alison Lapper Pregnant e la controversia sul fare mostre della disabilità è al centro del dibattito sull’arte contemporanea”, disciplina, aggiungiamo noi, che da sempre si occupa di allargare la percezione dell’umanità.
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