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Nel Paese dei Sordi. Dialogo su diritto e sordità, lingua dei segni e psicologia. Per capire come affrontare le barriere architettoniche più invisibili, quelle sensoriali, per provare ad abbatterle.
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Nel nostro Paese la Lingua dei Segni Italiana (LIS) non è stata ancora riconosciuta. Il Senato ha approvato il 3 ottobre 2017 un disegno di legge a questo proposito, poi passato alla Camera dei deputati. Poi tutto fermo!

Il disegno di legge, appoggiato dai “segnanti” (sono favorevoli alla lingua dei segni tutte le persone sorde e udenti che l'hanno appresa), ma fortemente osteggiato dagli “oralisti” (atteggiamento contrario all'uso della lingua dei segni), conteneva un punto particolarmente critico, dove si fa riferimento all’art.6 della Costituzione, che parla di tutela delle minoranze linguistiche.

La LIS verrebbe equiparata a una minoranza linguistica, ma non tutti sarebbero d’accordo e fatto ancora più determinante per la bocciatura del testo integrale, un richiamo dello stesso disegno di legge, che prescriveva il divieto di nuove spese a carico dello Stato.

La ratifica e il conseguente recepimento nel nostro ordinamento della Convenzione ONU e dei diritti in essa garantiti – compreso quello relativo al riconoscimento della lingua dei segni – dovrebbero, pertanto, essere più che sufficienti per attribuire un valido fondamento giuridico alla Proposta di legge C 4207 nel testo trasmesso dal Senato il 23/3/2011 e per giungere ad una sua rapida approvazione.

Siamo di quelli che non hanno paura. E che diciamo alle famiglie dei bambini sordi, con protesi o con impianto cocleare, che non devono avere paura che la lingua dei segni ostacoli lo sviluppo del linguaggio del bambino, ovvero la sua innata potenzialità di acquisire una lingua indipendentemente dalla modalità in cui questa si realizzi. La nostra posizione non deriva da una scelta ideologica, ma piuttosto dai risultati di studi pubblicati su riviste scientifiche internazionali che dimostrano che le lingue dei segni, come le lingue vocali, sono processate dal cervello come vere e proprie lingue indipendentemente dalla modalità in cui sono percepite e prodotte (Emmorey, 2002).

L’acquisizione precoce di una lingua dei segni offre dunque al bambino la possibilità di attivare gli stessi meccanismi cognitivi che sono alla base dell’apprendimento della lingua parlata (Mayberry, 2007).

In ambito di salute mentale, il lavoro dell’interprete è irto di difficoltà, ma in taluni casi la presenza stessa di un interprete può rappresentare un ostacolo per una relazione adeguata nel setting terapeutico. D’altra parte, rivolgersi ad uno psicologo che non abbia alcuna dimestichezza con la lingua e la cultura dei Sordi, è molto spesso, per il paziente, fonte di sofferenze ulteriori e la relazione tra i due non sempre risulta fruttuosa.


Modera:
Gabriella Scaduto, Consigliera e Segretario dell'OPL

Relatori:
Mauro Mottinelli
Alessandro Maniàci

Interprete LIS:
Arianna Cattalini

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